mercoledì 5 aprile 2017

Medellin


Dopo la Guajira decido di raggiungere Medellín. Prendo un bus notturno che in 15 ore mi porta nella capitale del departamento di Antiochia. La partenza è Maicao. L'ultima città prima della frontiera col Venezuela. Mi ricorderò di questo luogo per una sola cosa. La benzina. Tutto gira intorno a questo commercio. Ma proprio tutto e ... tutti. Dai ragazzini ai più anziani ed anche le donne gestiscono un'attività di vendita di oro nero. Lo comprano ad un prezzo irrisorio in Venezuela, passano il confine senza problemi e lo rivendono in Colombia. L'odore che si respira nelle strade polverose di questo porto all'estremo nord è allucinante, solo a fumare una sigaretta mi viene il timore di far saltare in aria qualcuno. Dimentico in fretta Maicao e dopo una notte passata in bus arrivo a Medellín. È la seconda città più importante del paese. Si sta pian piano trasformando in una metropoli moderna conservando comunque un centro storico caotico tipico del Sud America. Tutto gira attorno al Parque Berrio da dove si può raggiungere la Plaza Botero, una collezione d'arte a cielo aperto con molte sculture dell'artista simbolo culturale del paese. Bello anche il museo di Antiochia con molte sale temporanee che spaziano dall'arte moderna ai reperti delle culture pre ispaniche. Però, per capire al meglio la storia della città e la sua regione, a cui non si può evitare di dedicare qualche ora di visita, è quello della Memoria. Un'esperienza che consiglio a chiunque passi da questa città. Tra FARC, M19 ecc ed il cartello della droga creato da Pablo Escobar le vittime e i "desaparecidos" sono decine se non centinaia di migliaia in tutta la Colombia e Medellín era, in parte lo è ancora, uno dei punti nevralgici. Estremisti di destra, di sinistra, guerriglieri di varie fazioni, politici corrotti e poliziotti non da meno, esercito con brama di potere e Narcos hanno caratterizzato la storia recente dei "cafeteros" riducendo il paese in ginocchio. Ora i gruppi si sono trasformati in agnellini nascondendo i veri lupi, i traffici avvengono senza la luce dei riflettori e senza miticizzare i leader, seppur, ascoltando la gente, sembra che poco sia cambiato. Si inneggia al progresso però la corruzione dilaga, si lavora per un processo di pace eppure gli attentati avvengono ancora, non si parla più di Cartello di Medellín e comunque la coca è più facile da reperire di una bottiglietta d'acqua. Questo museo centra in pieno il suo intento. Ricordare per non dimenticare. Educare per non ripetere certi errori. Medellín e la Colombia stanno cercando di ribellarsi a chi ha tirato le redini per anni. Come dicevo non è tutto rosa e fiori ma è evidente lo sforzo di migliorare la situazione. Situazione che è in parte nascosta dal crescente benessere dei suoi abitanti e degli stranieri che stanno decidendo di stabilirsi in questa città con i loro investimenti. La zona rosa tra cui il quartiere Poblado ne è un esempio. Qua si concentra la "movida" antioqueña con bar e ristoranti per tutte le tasche.
Dopo i primi due giorni passati in ostello contatto un amico con cui frequentavo il liceo che da un paio di anni si è trasferito in questa città. Gestisce un ristorante con cucina italiana e colombiana in bell'edificio. La sera allora mi invita a mangiare spiegandomi le sue idee sul locale e raccontandomi su come ha iniziato. Ci eravamo persi fin dai tempi dell'università e quindi le storie da raccontare certo non potevano mancare.
In questi mesi ho incontrato veramente molte persone, di ogni età e da ogni parte del mondo, chiunque aveva un obiettivo ben chiaro da raggiungere. Chi lo stava perseguendo, chi lo aveva già raggiunto e poteva raccontarlo e chi anche solo lo aveva pensato la notte stessa. Una positività che non potevo lasciare al caso indifferentemente. E così è stato anche con il mio amico ritrovato, i suoi coinquilini e la sua ragazza.
Martedì decido di visitare uno dei luoghi più caratteristici nei dintorni di Medellin, Guatapè. Un piccolo villaggio molto colorato in mezzo ad una serie infinita di laghi artificiali creatisi dopo la costruzione di una diga. Prendo un bus dal Terminal Norte e in un'ora mi faccio lasciare all'inizio della camminata verso la Piedra del Peñol. Una roccia che spicca sulla pianura allagata sottostante da cui, una volta scalata con i suoi 700 scalini, si può godere di una vista spettacolare a 360°. Mangio pranzo in un ristorantino col piatto tipico di questa terra, la Bandeja Paisa con riso, maiale, fagioli, uovo, platano ecc ecc. L'ideale per un pranzo leggero!
Dopo qualche giorno passato in città decido che è ora di raggiungere l'ultima località del viaggio di 300 giorni in Sud America. Domani raggiungerò Armenia e da lì Salento. Entrerò nella valle del Caffè.

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