martedì 28 marzo 2017

Ai confini del continente latino. La Guajira


Ci sono stati viaggi nel viaggio in questi mesi. Momenti che più di altri hanno caratterizzato il mio "on the road" in Sud America. A volte ho raggiunto luoghi che mai avevo sentito parlare semplicemente seguendo il primo sconosciuto incontrato in ostello oppure qualche pazzo blogger che di vagabondare ne sa certamente più che la Lonely Planet, altre fissandomi nella testa che dovevo raggiungere Quel posto solo perché rappresentava un "lontano". La voglia di arrivare ad un estremo. Terminare la Panamericana, vedere l'ultimo tratto delle Ande, fissare con gli occhi il punto più a sud del continente. È proprio per questo, ora, fare altrettanto con quello più a nord. Sapendo poi che non è facilissimo arrivarci ed è uno dei paesaggi più unici al mondo non posso neanche per sogno rischiare di perdermelo. Punta Gallinas.
Parto da Minca di buon ora con una camionetta. Raggiungo il mercato di Santa Marta e prelevo un po' di liquidi per i prossimi giorni perché sarà impossibile recuperarli da qui in avanti. Prendo un taxi che mi porta un po' fuori città. Uno spiazzo della circonvallazione da cui partono i bus con direzione Mincao. Puntualizzo. È da una settimana che cerco informazioni per sapere come arrivare alla mia destinazione e vi assicuro che nessuno è riuscito a darmi la stessa risposta, conosco i nomi di tutte le città della Guajira come se fossero eroi mitologici ora. Salgo sul bus e faccio presente all'autista il posto dove voglio andare. "Tranquillo ti avverto io". Passano 5 ore. Passiamo Palomino e la sua spiaggia dove ci fermiamo per pranzo e poi Rioacha, la città più grande della regione. Da lì inizia la dritta statale per Mincao. A 3/4 il bus ferma e mi fa scendere. Il posto si chiama Quatros Vías perché è l'unico incrocio per Uribia. Qui devo aspettare non che passi un bus, ma un po' di gente per riempire la macchina. Faccio due parole con i ragazzi che gestiscono le "tiendas", quasi tutti venezuelani. Parlando con uno viene fuori che a quest'ora del pomeriggio è quasi impossibile che si fermi qualcuno che vada dalla mia parte. Soluzione. Pesos. Non è bello ma il denaro risolve sempre tutto da queste parti e poi una notte nella città al confine col Venezuela non la voglio passare. Contratto per una decina di € circa e partiamo. Un'ora e arrivo a Uribia, capitale indigena della Guajira. Altro incrocio, altra camionetta da riempire. Qua però c'è più movimento. Trovo 4 ragazzi argentini. Ricordate che vi avevo scritto che bisogna imparare dagli argentini per viaggiare risparmiando. Bene. In quattro occupano solo due posti perché si sistemano nel retro con gli zaini. Mancano quindi 3 persone. Passa un'ora e ne arriva una. In 10 mesi avrò incontrato 5/6 italiani. Nel posto più assurdo ne aggiungo un'altro! Altra per l'esattezza. Chiara che sta facendo un master qua in Colombia. Incredibile. Ci parliamo un'attimo e decidiamo di pagare le due quote mancanti. Si sta facendo notte. Partiamo finalmente per Cabo de la Vela. Il paesaggio è deserto puro. Landa piatta e infinita che con i colori del tramonto prende vita. Durante il viaggio l'autista mi propone il passaggio per Punta Gallinas. A me un prezzo e alla ragazza un altro. Pure per l'ultimo tratto in jeep si è fatto pagare in modo diverso. Sono stanco e non ho voglia di discutere. Ci accordiamo comunque per il tour con partenza all'alba. Dormiamo in due amache in fronte al mare, inizio ad abituarmi a questo nuovo letto. Alle 5 la sveglia e si parte. Oltre a noi ci sono una coppia belga e una ragazza francese. Impieghiamo più o meno 4 ore su una strada che è poco più di un sentiero nel deserto, dossi come voragini, posti di blocco dei bambini che chiedono qualche moneta in cambio del passaggio e una colazione con arepas e caffè. Arriviamo sul bordo di quello che sembra un fiume ma è solo un'insenatura del mare. Piccolo tratto in barca e finalmente arriviamo al camping finale. Adoro questi viaggi dove bisogna imporsi solo una regola. Andare avanti. Qua mi impossesso della mia solita amaca e incontro per caso Rakel, la ragazza con cui avevo trascorso i due giorni nel Tayrona. Punta Gallinas non è un villaggio, c'è solo la nostra struttura e qualche sperduto accampamento di indigeni distanti vari chilometri e nulla più. Elettricità cotrollata, servizio di ristorazione a base di pollo o pesce e niente acqua. Di contro natura, silenzio e un cielo stellato abbagliante. Non c'è bisogno di altro. Riposiamo un'ora e partiamo per quello che è il vero tour. Un mirador sulla valle desertica e uno sull'oceano dove c'è un faro abbandonato. Sembra più un'antenna della TV ma poco importa. Per la sua posizione rimane unico, è il punto più a nord di tutta l'America Latina. L'ultima tappa poi è dove il respiro si ferma tanto è incredibile ciò che si presenta davanti a noi. Un'enorme duna di sabbia da scalare. Puro deserto e ai suoi piedi la potenza del mare dell'Atlantico. Nessun segno di civiltà. Solo noi a buttarci giù nell'arena come fossimo nel mezzo del Sahara ed arrivare a tuffarci nel verdeblu dell'acqua. È l'Oceano ma è pur sempre parte del Mar dei Caraibi. Non ci penso due volte e mi lancio nelle acque agitate e poi mi isolo una ventina di minuti. Non ne sono in grado ma ho sentito il bisogno di meditare. Di ascoltare per qualche istante solo l'energia di ciò che mi stava attorno. Un momento bellissimo. Tornati alla base decido di andare alla spiaggia vicina per il tramonto. Beh. Ne ho visti molti in questi mesi. Sempre è magia pura. Questo però non ha barriere visive. Lo si può godere nella sua totalità. Ma la bellezza di un tramonto per me è quando il sole scompare. È li che esplodono i colori. È li che le imperfezioni delle nuvole che quasi hanno ostacolato la discesa dell'unico Dio che dovremo adorare diventano parte di un quadro unico. La sera ritorniamo tutti al camping e dopo una cena semplice e qualche birra partono i racconti delle nostre vite. Racconti che in queste realtà al confine del mondo acquistano un significato più profondo e perfetto da condividere con gli amici del caso. Con Rakel si istaura un buon feeling e ci diamo un'ipotetico appuntamento per quando torneremo in Europa. Continuo a credere che tutte le persone che ho incontrato siano anch'esse parte del viaggio. Due modi di viaggiare. Uno segnato dalla realtà ed uno scandito dal destino.

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