lunedì 27 marzo 2017

Ritorno nella giungla


Terminata l'esperienza nel parco di Tayrona ritorno a Santa Marta con un bus di linea che percorre tutta la statale. A destinazione raggiungo l'ostello da dove ero partito e riprendo lo zaino grande. Saluto i gentilissimi ragazzi che lavorano lì e mi dirigo verso la zona del mercato dove aspetto il collegamento per Minca. Iniziano i miei spostamenti in Jeep stracariche che caratterizzeranno i prossimi giorni. Zaini sul tetto legati alla buona e noi stipati all'interno come sardine. I chilometri che separano Minca da Santa Marta sono appena venti ma impieghiamo quasi un'ora su una strada tutta curve che continua a salire in mezzo alle montagne. Il panorama cambia totalmente. Da qua inizia la giungla con le sue sfumature verdi, ma la costa oceanica blu acceso rimane ben visibile dall'alto, in più, non ci fossero sempre nuvole minacciose si vedrebbero alcune montagne innevate sullo sfondo. Un panorama unico. Minca è un villaggio piccolissimo. Colorato e un po' hippie. Gli ostelli, i caffè che vendono prodotti bio, i negozi di artigianato e qualche venditore di "arepas" creano un'atmosfera piacevole e spensierata. Questo paese è la base per partire alla volta della Ciutad Perdida. Un sito archeologico pre ispanico rimasto nascosto nella selva fino alla seconda metà del 900. Alimentando il  mito di Eldorado. Il trek sarebbe interessante anche per via del paesaggio senza eguali però un po' per il tempo, minimo quattro giorni di cammino, un po' per il costo, 300€, decido che non s'ha da fare. Purtroppo. Starò 300 giorni in questo continente e probabilmente non basterebbe il doppio dei giorni per completare tutte le caselle vuote che mi sono lasciato indietro. Decido comunque di dedicare un giorno intero alla valle dormendo due notti in uno splendido ostello leggermente spostato più in alto rispetto al villaggio da cui godo di una vista incredibile fino al mare dell'oceano. Chiedo a Juan, il proprietario, cosa fare in una giornata piena e mi consiglia il "loop", una camminata circolare di otto ore attraverso le colline attorno. Il tempo non mi è favorevole, minaccia pioggia fin dal mattino. Mi preparo comunque per il peggio con kerway, coprizaino e scarpe da trekking e mi incammino. Sarà anche nuvoloso, minaccerà pure un diluvio universale ma il caldo-umido si sente eccome. Dopo un chilometro sono sudato all'inverosimile. Partendo dalla parte destra di Minca arrivo prima alla cascata meno conosciuta, ma forse la più bella e la più tranquilla, Marinka. Mi riposo mangiando qualcosa al fresco del suo scorrere e scatto qualche foto. Niente bagno perché di strada ne fare ancora il giusto. Dopo la sosta inizia il pezzo più duro anche perché decido di abbandonare la strada principale per prendere il sentiero in mezzo alla vegetazione, consigliatomi dal gestore del l'ostello. A volte ho la netta sensazione di seguire percorsi del tutto sbagliati ma mi dico che ormai devo proseguire perché tornare indietro vorrebbe dire abbandonare il trek. Il dubbio più grande mi viene quando mi trovo la strada sbarrata da un filo spinato che si perde negli arbusti vicini. Ora. Violare una proprietà private non è mai una cosa saggia a fare, anche con le più buone intenzioni che uno possa avere. Poi sapendo che mi trovo in Colombia, Pablo l'hanno ucciso 25 anni fa ma non è che sia tutto rosa e fiori da queste parti, penso che forse è il momento giusto per rinunciare. Però noto che la staccionata la si può spostare senza rimanerci impagliato e decido che posso proseguire. Un paio di chilometri e scorgo finalmente un cartello con l'indicazione per dove voglio andare. Ma perché ca..o hanno dovuto mettere un filo spinato in mezzo al nulla! Nel cammino incontro appena due ragazzi che stanno scendendo e per il resto silenzio. Il silenzio assordante della natura. L'ultimo pezzo è devastante e il caldo mi rallenta notevolmente. Non sono mai stato così felice di ricevermi un'acquazzone in pieno. Tolgo tutto ciò che si potrebbe rovinare e lo metto al sicuro nello zaino. Niente keeway, doccia rinfrescante gratis e al momento giusto. Rigenerato raggiungo il mirador Los Pinos, il punto panoramico che sovrasta Minca e da dove godere di una vista a 360 gradi sulle valli. Peccato che le nuvole che mi hanno salvato prima ora non mi permettono di vedere a cinque metri. C'è un punto di ristoro dove potersi anche accampare e decido di bere un caffè aspettando un'evoluzione positiva del meteo. Nada. Non si può mica pretendere tutto. Da lì inizio la discesa, quattro ore di discesa con due deviazioni. La prima è verso una "finca" di caffè, un dei luoghi più rappresentativi della Colombia dove ti mostrano come avviene la lavorazione del secondo prodotto più esportato del paese (vi lascio immaginare il primo). Qua però mi ritrovo un mini birrificio artigianale. C'è un po' più di movimento di turisti e tutti vanno verso la zona caffè, io ovviamente per questioni affettive provo ad entrare nell'ambiente più familiare a me. Faccio due domande ai tipi fuori che mi dicono di aspettare il mastro birraio. Ne assaggio una con loro ma poi il capo non si fa vedere e decido di proseguire. La seconda sosta è la cascata Pozo Azul. Una serie di piscine naturali bellissime immerse nella giungla. La pioggia mi da tregua ed allora passo una mezz'ora coi piedi a mollo per rigenerarmi. Visto il tempo c'è poca gente e si gode di una pace totale. Da lì ho ancora un'ora di strada e per evitare il buio affretto il passo. Arrivo in ostello distrutto ma soddisfatto. Erano mesi che non camminavo una giornata intera e quasi mi mancava questa sensazione. Se tutto va bene ce ne sarà ancora una prima del rientro in Italia. Se avevo contato bene dovrei arrivare a venti trekking totali, considerando che alcuni sono durati più di un giorno vuol dire quasi un mese di cammino. Non male per uno che, prima di questo viaggio, prendeva la macchina anche solo per raggiungere la panettiera in fondo alla strada dove abitavo.

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