domenica 19 marzo 2017

Cartagena de Indas


Cartagena de Indas. La capitale della zona costiera colombiana. Probabilmente la città più ricca di storia del paese ed uno dei luoghi più rappresentativi della liberazione dal colonialismo spagnolo. Arrivo dopo più di un giorno di viaggio partito da Cali e trovo un ostello all'interno della zona vecchia, all'interno delle antiche imponenti mura difensive. Malamente la si può dividere in tre parti. Quella del centro storico e del quartiere bohemien Getsemani, la penisola Bocagrande con i suoi grattacieli moderni ed infine la periferia più povera che si estende per chilometri nell'entroterra. Una realtà ricca di contrasti. L'orgoglio delle varie battaglie contro i pirati francesi, inglesi ed olandesi contro l'infamia di essere stata uno dei porti cruciali nella tratta degli schiavi Africa-America. Punto strategico per l'impero spagnolo macchiato da un tribunale dell'inquisizione che durò fino agli inizi dell'800. Città fondamentale per l'indipendenza dall'imperialismo compiuta da Simon Bolivar ma che mantenne sempre la propria autonomia. Oggi tutto ciò viene tramutato dal suo skyline diviso a metà tra palazzi coloniali ed un profilo stile Miami sullo sfondo. Ma soprattutto nell'identità dei suoi abitanti, influenze indigene, creole, africane ed europee si mischiano creando un mix difficile da ritrovare in altre realtà. Camminare nel centro storico è veramente piacevole. È uno di quei posti semplicemente dove bisogna lasciarsi trasportare. I colori delle facciate impreziositi dai fiori delle balconate si uniscono a quelli dei veri padroni delle strette "calle", i venditori ambulanti e vari artisti di strada. La donne africane in abiti tipici che gestiscono chioschi di frutta in caccia di fotografie da farsi scattare per qualche pesos. Musicisti di fortuna che si alternano alle botteghe di improvvisati pittori. Carrozze che lottano con i taxi trasportando coppie di romantici turisti. Ma come dicevo, questa è la città dei contrasti. L'armonia del giorno contro la festa della notte. È una città sicura, soprattutto il centro ed il quartiere moderno, però prostituzione e lo spaccio di droga sono ben visibili ed in più i bus i pazzi bus chiamati Chiva che si danno battaglia con musica ad alto volume e shot per tutti i quartieri.
Visito il Castillo San Felipe che è l'antico forte da cui si riusciva a controllare l'intero porto, ricco di tunnel e bastioni. Non mi perdo neanche il Museo Navale e quello dell'inquisizione, ricchi di informazioni e storia. Al tramonto, prima di un giro nel mercato dell'"artesania", mi sposto sulle mura che danno sull'oceaco dove tutti sono a caccia di una foto del calar del sole e le coppie di giovani cercano un momento romantico seduti nelle logge che ospitavano le armi di difesa.
La sera invece preferivo uscire dalle cinta e raggiungere il barrio più economico adiacente. Getsemani. Qua tutto ruota attorno alla piccola piazzetta de la Tranidad ed anche qua c'è l'imbarazzo della scelta per quanto riguarda lo streetfood e l'arte da strada. Le migliori Arepas ripiene di uovo e formaggio le ho mangiate proprio nelle sue vie ricche di graffiti alla metà del prezzo che nel centro storico.
Cartagena non presenta belle spiagge nonostante si affacci sul mar dei Caraibi, forse dovuto alle varie opere di difesa create nei suoi fondali di fronte. Bisogna spostarsi un po' più a sud verso la penisola di Baru' con tour organizzati, ma sapendo che nelle prossime settimane avrei raggiunto luoghi pazzeschi ho preferito godermi di più la città. Ci sono stato in due tempi con in mezzo 4 giorni sull'isola caraibica di San André di cui scriverò nel prossimo post e posso dire che la sua storia, la sua posizione, anche la sua conservazione seppur intaccata da quel virus ormai certificato che è la modernità ne confermano in toto il suo fascino e l'appellativo di Perla della Colombia.

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