mercoledì 8 marzo 2017

Bienvenido a Colombia


Non nascondo che salire sull'aereo che da Rio mi ha portato a Bogotà con uno scalo di 10 ore a Lima sia stato un po' come spezzare un incantesimo. Viaggiare per terra in tutti questi mesi mi aveva trasmesso la giusta realtà dei confini e delle distanze. Non entro in discorsi legati all'ambiente e se un aereo inquina meno rispetto ad un altro mezzo perché non ho le conoscenze adatte. Per me è semplicemente un modo differente per affrontare il viaggio. Ho sempre adorato gli aeroporti. Questa volta li ho odiati e non vedevo l'ora di salire sul taxi diretto al mio ostello nel quartiere La Candelaria, il centro storico della capitale Colombiana. Viaggiare in aereo ti fa sentire parte del progresso, connesso in tutto il mondo in qualche ora di spostamento. In futuro parleranno di teletrasporto XX e XXI secolo. Ora è solo un modo per perdere quel poco di non globalizzato che rimane ancora nel mondo. Le frontiere. Aiutasse ad abbattere le barriere fatte da intolleranza e razzismo sarebbe un altro discorso, ma direi che per ora possiamo accontentarci dei Duty Free a buon mercato vista l'aria che si respira negli ultimi tempi. Mai mi ero accorto di quanto fossero tutti esattamente creati col copia e incolla. Luoghi anonimi con gente anonima.
Arrivo in ostello che è quasi mezzanotte. Avendo passato gli ultimi mesi nell'estate sud americana non avevo minimamente dato uno sguardo al meteo. 10 gradi, pioggia e vento. Non è che ho preso l'aereo sbagliato? Bogotà si sviluppa oltre i 2000m e mantiene questo clima praticamente tutto l'anno. Di giorno si sta bene, ma la sera il freddo mi ricorda altri luoghi del mio viaggio.
Mi fermo qualche giorno nella capitale per ambientarmi con questo nuovo paese. Un paese con una storia travagliata fin dalla sua indipendenza. Orgoglio spagnolo con uno dei porti più importanti del Nuovo Mondo, Cartagena. Simbolo della lotta di secessione con il generale venezuelano Simon Bolivar che creò la prima repubblica non controllata dagli spagnoli chiamata Gran Colombia, poi dissoltasi negli attuali Ecuador Venezuela e Colombia. Tristemente nota per la guerra civile tra le FARC e l'esercito che ora sta evolvendo in un lentissimo processo di pace dopo oltre 50 anni di lotta. Luogo del mito di Eldorado grazie al sito archeologico de La Ciutad Perdida. Paese del caffè, delle belle donne ma anche del più grande narcotrafficante della storia, Pablo Escobar. Ora però la Colombia vive un momento prospero e relativamente tranquillo. Cerca di abbandonare quell'aura negativa e pericolosa che l'ha sempre contraddistinta.
La prima mattina Bogotà mi dà il suo benvenuto con mezza città a piedi e in bici per il centro storico. Un abitudine domenicale ed allora ne approfitto per recarmi in uno dei luoghi più frequentati nei giorni festivi, il Cerro Monserrate. Dalla piazza della Cattedrale si percorre tutta la strada mprincipale che attraversa i quartieri più caratteristici come La Candelaria e il Centro Storico e si arriva direttamente ai piedi della collina che sovrasta la capitale. Qua le scelte sono due. La funicolare o il trenino, purtroppo non si può salire a piedi. Avendone già provate diverse in questo viaggio opto per la prima. Tre ore di coda e finalmente arrivo in cima. Un po' per la giornata piovosa e un po' perché una grande città è sempre una grande fabbrica di smog il colore che mi completa la vista di tutto ciò che mi circonda è solo il grigio. La vista comunque è gradevole ed anche il santuario. Il giorno successivo lo dedico ai musei. Senza alcun dubbio il re è il Museo dell'Oro. Un viaggio nelle civiltà pre-colombiane attraverso quel che rimane dei loro manufatti rigorosamente del metallo più prezioso.  Oltre a questo ne approfitto anche delle entrate libere nel Museo di Botero, il famoso pittore e scultore dai soggetti sovrappeso, e la Casa de la Moneda, un altro luogo bellissimo dove trascorrere mezza giornata tra le sale dedicate al conio nazionale ricco di storia e le innumerevoli sale dedicate a ad esposizioni temporanee. Visto il brutto tempo completo il tutto con una visita veloce al museo militare e decido di concedermi un pranzo con un piatto tipico di Bogotà, l'Ajiaco, una zuppa di pollo mais capperi e patate.
Dopo Bogotà decido di spostarmi a sud verso Cali. Col senno di poi un errore. Credo sia la prima città in cui mi sono trovato veramente a disagio. Niente di che però mi ha trasmesso nervosismo. È la città della salsa e me la ricorderò comunque per una bellissima serata in discoteca con una bella compagnia, ma per il resto, a meno che uno non voglia esplorare la zona del Pacifico, una tappa da evitare.
Quindi decido di tornare verso nord e puntare alla perla della zona costeña, Cartagena de las Indias.

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