lunedì 6 febbraio 2017

L'avventura nel nord del Paraguay


Quando entrai in Paraguay non avevo la minima idea di che cosa proponesse questo paese imprigionato dai suoi grandi vicini come Brasile e Argentina. Mi sono affidato ad un altro blog per ottenere informazioni. Il blog di Claudio Pelizzeni che tanto mi ha ispirato nel mio viaggio. Grazie a lui sono venuto a conoscenza della possibilità di un viaggio via fiume partendo dal nord per arrivare a Concepcion. Bene. Non me lo sono fatto dire due volte!
Ad Asuncion vengo a sapere che c'è un solo bus a settimana che parte a Bahia Negra, il giovedì sera. Aspetto un giorno e decido di non farmelo sfuggire. Ritrovo un mezzo che mi mancava dall'esperienza boliviana. Scassato, scassatissimo. Bagagli ovunque, nella stiva, sul tetto, vicino al guidatore e in fondo dietro le ultime file. Un sedile reclinabile ogni quattro e finestrini aperti per evitare il congelamento da aria condizionata. E tanta bella gente sorridente che mi osserva, qualcuno mi chiede anche cosa diavolo ci faccio con loro! Viaggio su strade sterrate per le distese della "pampa" del paese. La notte mi impedisce di godere del paesaggio, ma in fondo, penso che potrebbe anche essere di una estesa monotonia di campagna brulla. Ogni due/tre ore facciamo soste in piccoli villaggi dove tutti salutano tutti calorosamente come si conoscessero benissimo e non si vedessero da decadi, a volte sale qualcuno a vendere panini con bistecche impanate oppure le ciambelle dolci tipiche del Paraguay, la Chipa. Nei villaggi inizio a capire che mi sto catapultando in una nuova dimensione, un nuovo mondo. Riesco anche a dormire un poco e il risveglio nel primo distributore di benzina è indimenticabile. Non tanto per quello che mi circonda, ma solo per come sono ridotto. Avevo dimenticato il finestrino aperto e quindi mi ritrovo una patina di polvere e terra dalla testa ai piedi. Almeno non ho patito il caldo. La strada prosegue e man mano che il bus procede a fatica tra dossi e buche capisco che arriverò con un ritardo di 5/6 ore rispetto all'orario solito. Ma a me piace così, al diavolo la puntualità cilena o argentina! Più o meno. Perché quando finalmente arriviamo a Bahia Negra vado subito ad informarmi sulla barca da prendere per tornare indietro. "Spiacenti, è partita due ore fa" ed io "Ah ok, no problem. Domani a che ora parte?" risposta "No. Fino a venerdì prossimo non c'è nessuna barca". Avete presente la scena da film che pian piano alza l'immagine lasciando un povero disperato da solo, magari con qualche bagaglio, in mezzo al nulla che più nulla non ci sia? Beh, potevo essere io. Aggiungo anche un militare della minuscola base navale di istanza proprio lì che mi batte su una spalla e mi dice "Bienvenido a l'infierno". Trovo comunque una sistemazione da un signore che mi mostra, orgoglioso, ciò che ha costruito negli anni. Spartana è spartana però un letto c'è, un tenda per i mosquitos pure, poco distante ho una lattrina vicino ad un bidone pieno d'acqua con secchio annesso e per finire un tubo da utilizzare come doccia. Non mi manca nulla in fondo. Passo i primi giorni a cercare disperatamente un modo per evadere ed arrivare a Vallemi' per fare comunque una parte di viaggio via fiume. Un'altra barca, però destinata solo alla vendita dei beni di sopravvivenza per le comunità indigene, prima accetta di darmi ugualmente un passaggio, ma poi si dimentica della parola datami e parte all'alba senza avvertire il sottoscritto. Ci sarebbe anche l'aereo, una volta a settimana pure quello, il mercoledì. Però non ci sono abbastanza richieste e quindi questa settimana salta. Decido allora che è così che deve andare ed inizio ad adattarmi a questa nuova esperienza. Probabilmente devo espiare qualche vecchia colpa. All'inizio penso che è un po' come se fossi in esilio. Nessun contatto esterno. Nessuna possibilità di scappare perché da un lato ho il Chaco, l'enorme distesa di natura selvaggia tra la Bolivia e il Paraguay, dall'altro la giungla brasiliana. Posso comunque girare per le poche vie polverose del villaggio e parlare con la gente di una realtà completamente fuori dal mondo conosciuto e ciò capisco che sarà questa la mia fortuna. Con la gente della comunità faccio comunque molta fatica a comunicare perché qua si parla la vecchia lingua indigena, il guarani'. Nelle tiendas faccio avanti e indietro per comprarmi pane, scatolette di tonno, fette di un salume che mi ricorda la mortadella e tanta, veramente tanta acqua visti i 50 gradi constanti dall'alba al tramonto. Faccio amicizia con un gruppo di contadini che vivono vicino e che passano le sere nella mia veranda in comune con vista sulla strada a bere una lattina di birra dopo l'altra. Mi fanno 1000 domande principalmente per chiedermi quanto costano le donne in Italia ed io li assecondo sfruttando il loro essere decisamente alticci. Sono simpatici e quando se devono andare per lavorare in un'estancias poco distante quasi mi dispiace. Dopo qualche giorno anche il vecchio proprietario inizia a venirmi a trovare sempre più spesso, con figlia e la nipote di 3 anni al seguito. Mi racconta di essere una vecchia guida in pensione. Di quanto le cose qua in Paraguay non vadano bene per la troppa corruzione e la poca disciplina dei giovani. Di quando una volta a Bahia Negra venivano turisti ed autorità per fare i Safari nel Pantanal, il parco naturale poco distante, mentre ora viene lasciato completamente allo stato di abbandono. È il primo sostenitore di un ex tiranno che incontro sulla mia strada. Non condivido molto quello che mi dice ma capisco che pure lui ha bisogno di parlare ed allora faccio spesso lunghe conversazioni dove lui si sfoga con un mix di spagnolo e guarani' ed io cerco di seguire i suoi discorsi in silenzio. Anche con lui quasi mi dispiace abbandonarlo il giorno della tanto agognata barca, ma in tutta sincerità, un'altra settimana mi avrebbe reso come Tom Hanks in Cast Away. Il viaggio è un viaggio a sé. La barca è al 90% in legno e non so a quale santo sia consacrata perché penso sia un miracolo che possa galleggiare su un fiume. 3/4 della stiva serve da magazzino per le provviste destinate alle varie comunità indigene lungo il fiume Paraguay ed il resto dal motore. L'esterno a prua è anch'esso destinato all'accumulo di casse su casse, animali come maiali e cinghiali e, come sarà l'ultima notte alle persone di una 900esca terza classe. Il piano passeggeri è invece diviso in panche e cabine e dove è possibile appendere un'amaca lo si fa senza troppi problemi di spazio. Pago 3€ e me ne approprio di una per le successive due notti, almeno metto un po' di aria tra me e le blatte ospiti non paganti. Fare conversazione qua per me è praticamente impossibile perché veramente poche persone parlano castigliano ed allora mi limito ad osservare tutto ciò che mi capita intorno. Il via vai di gente ad ogni tappa, i pasti sempre con riso e carne a colazione, pranzo e cena. Le scene di entusiasmo dei bambini quando salgono su quella che per loro è la nave più bella al mondo, semplicemente perché li porterà in una realtà che non conoscono proprio per nulla. Il cielo stellato nella notte mi accompagna verso Concepcion e i colori che riempivano l'alba è il tramonto, commoventi, rimarranno fissi nella mia mente per sempre. Commovente è anche la storia di questa barca e delle persone che ne fanno parte, unica e speciale. Aspettare di salpare con essa è stata forse la scelta più bella del viaggio.

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