domenica 18 dicembre 2016

Arrivederci Patagonia


Quando ho pensato di scrivere questo post non nascondo che un di paura si sia impossessata della mia mano. Ripensando ai vari posti attraversati in questi mesi mi sono reso conto che mai, o quasi mai, mi sono rivolto con un tono critico. Ho sempre preferito esaltare il bello, come giusto che sia, dimenticandomi a volte dei problemi o dei contrasti a volte riscontarti. Ora però è diverso. Qua in Patagonia sono stato veramente combattuto tra l'indiscussa bellezza dei suoi paesaggi e la difficoltà del raggiungerli mista ad una certa ipocrisia trovata nei suoi nuovi colonizzatori. Perché è proprio da qua che voglio partire. Questa terra, magnificamente desolata, è stata completamente strappata via dai suoi nativi abitanti. È una cosa comune in Sud America. Oggi paesi come Perù e Bolivia stanno attuando una nuova politica di rivalutazione di quella che è stata la loro reale storia, con tutti i pro e i contro. Ma qua, almeno per quanto ho visto io, il nulla più assoluto. Che i terreni siano stati svenduti dai governi argentini e cileni ai migliori offerenti credo sia un dato di fatto. Qua ci sono risorse di gas e petrolio, c'è la forza del vento e dei fiumi da trasformare in energia, c'è uno dei bacini d'acqua dolce più grandi al mondo e c'è un mare da sfruttare per pesca, turismo e commercio. Io non credo sia tutto male, se fosse tutto controllato e regolarizzato ci sarebbe solo da guadagnarci. Ma il problema è propio questo. La Patagonia è stata deliberatamente trattata come la peggiore delle prostitute e a guadagnarci non sono stati i paesi di Cile o Argentina, né tantomeno gli abitanti discendenti dei pionieri che conquistarono queste terre strappandole per primi alle tribù nomadi di queste lande. Sono  solo i nuovi usurpatori ad incassare le ricchezze della zona. E senza dare nulla in cambio. Anzi. Da Bariloche fino a Usuhaia sembra ci sia stato un copia-incolla generale e un desiderio non troppo celato di importare una cultura che con la storia della regione non ha proprio niente a cui vedere. Posti bellissimi ci mancherebbe, ma la sensazione camminando per le strade delle varie città aleggia un alone di finzione che, almeno al sottoscritto, provoca disagio. Sapevo che non avrei più trovato quell'atmosfera quasi lugubre e disperata, ma al tempo stesso autentica dei racconti di Chatwin o Sepulveda però non ero pronto a vedere solo negozi di cioccolato, alberghi di lusso, ristoranti di granchi e negozi di Salomon e NorthFace. Ovviamente tutto è legato alle esperienze fatte e solo a Puerto Natales ho ritrovato un po' di squallida atmosfera di santi bevitori di mate e orgogliosi incalliti raconta frottole. Ammetto di aver attraversato solamente le città principali, magari nei villaggi più piccoli avrei trovato qualcosa di più familiare, ma vabbè è andata così. Riflettendo meglio sono convinto che questa terra non è che mi abbia deluso, ci mancherebbe, semplicemente è una terra, come la sua storia insegna, che va conquistata. E quando viaggi nel modo in cui io sto viaggiando ogni tappa deve essere ,appunto, "conquistata". Io qua, lo ammetto, non ce l'ho fatta. Potrei dare la colpa ai costi elevati, ma se c'è una cosa che ho imparato in questi mesi è che c'è sempre una soluzione per risparmiare. Potrei dire che sia un posto più da ricchi pensionati e famiglie in gita che da viaggiatori indipendenti, ma forse ciò vorrebbe dire sminuire uno dei luoghi incredibili del pianeta. Come dicevo prima però, con la testa china, ho faticato di più per ritrovare le vere emozioni in questi paesaggi. Ho dovuto spostarmi col paraocchi per proseguire fino alla mia meta. Tanta stima per chi, tra autostop, campeggi improvvisati e sistemazioni di fortuna, sia riuscito a percorrere la Ruta 3 nel modo più romantico e genuino che si possa fare. Io, anche un po' per stanchezza e pigrizia, sono arrivato con poche energie. Ma con un po' di buona e sana arroganza, avendo viaggiato in altri paesi, posso affermare che, in una ipotetica e personale classifica, alla Patagonia venga dedicato un "da rivalutare in futuro". Certo, la maestosità del Perito Moreno e l'impatto visivo del cerro Torres del Paine rimarranno immagini indelebili e grandiose del mio percorso, ma un po' di rammarico per non avere integrato ad esse un'esperienza indimenticabile mi lascia un po' di amaro in bocca. Una cosa è certa però, lasciando Usuhaia con il bus diretto a Buenos Aires nella mia testa risuonava una sola parola. "Arrivederci"

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