sabato 5 novembre 2016

Salar de Uyuni


Ci sono posti in questa parte di mondo che vivono di vecchie storie tramandate con la sola forza della parole. Storie che si perdono nella leggenda. Quando sono arrivato a Tupiza nella mia mente andava costruendosi un set cinematografico degno di un vecchio film western. Un vecchio a cavallo lentamente procedeva per una via polverosa in sella al suo cavallo. La sua ombra, proiettata su un terreno arido come il più crudele dei deserti, si conquistava spazio tra i cactus e i radi arbusti posti sui lati del sentiero. Incrociandolo gli chiesi informazioni per arrivare al villaggio. Lui, aggiustandosi il cappello e senza spostare il mozzicone di un "sigarillo" dalla parte destra della sua bocca, mi rispose in un castillano figlio di quel posto dimenticato da Dio. "Sicuro gringo? Se stai cercando i cadaveri di quei due qua non li troverai. Sappilo."
Poco in porta, in fondo, che il mio arrivo in questa nuova terra non mi abbia riservato un incontro con l'uomo di tempi andati, leggendo Sepulveda sapevo delle storie risalenti a due banditi di inizio 900' che si dice, proprio qua a Tupiza, incontrarono il loro destino rapinando le persone sbagliate e  misero fine alle scorribande dei fuorilegge. Prove non ce sono e non ce saranno mai, ma intanto le fantasie alimentano i pensieri ed è bello che tutto ciò continui. Butch Cassady e Sundance Kidd scapparono dagli States e continuarono le loro  rapine alle banche in queste lande desolate arrivando fino alla Patagonia. Chi sostiene che vennero freddati qua in Bolivia e chi dice finsero tutto per finire la loro vita in tranquillità. 
Io però non sono qua per indagare su questa leggenda, per me questa è invece la porta d'ingresso verso uno dei luoghi più incredibili ed affascinanti del pianeta, sua maestà, il Salar de Uyuni. Su consiglio di altri viaggiatori ho deciso di partire però da questa città invece che la stragrande maggioranza delle persone che inizia appunto da Uyuni. Meno agenzie, viaggio di quattro giorni, prezzo leggermente superiore però tour nel complesso più completo. 
Si parte la mattina. Su una jeep 4x4 siamo io, un ragazzo francese e una coppia belga più ovviamente Dionisio, la nostra guida e guidatore, e Cecilia, la cuoca. Carichiamo i nostri zaini, le provviste e le taniche di benzina e ci mettiamo in marcia. Fin da subito capiamo a cosa stiamo andando incontro. Paesaggi incredibili si aprono davanti a noi. Lo sguardo si perde tra valli di pietra erose dal vento che ricordano scenari televisivi riguardanti le ricostruzioni possibili degli scenari di Marte. Sembra un altro pianeta. Visitiamo la "Ciutad de l'encanto" che è un altipiano costituito da guglie e grotte di sabbia compatta dall'aspetto magico dove il silenzio e la natura comandano incontrastati. Dopo un pranzo veloce decidiamo con Dioniso, su suo consiglio, di modificare la rotta per far sì di riuscire ad effettuare le due piste principali senza dover scegliere poi il secondo giorno quale sentiero prendere. In fondo, se sei in un deserto e se sei seduto su un mezzo massiccio con quattro ruote motrici, guidato da un signore con anni di esperienza, anche se esci dai sentieri battuti, cosa ti potrà mai accadere? Beh, ad esempio, che se attraversi un piccolo rio apparentemente innocuo ti ritrovi col culo immerso nel fango senza neanche accorgerti. Eh fu così che ci siamo trovati nel mezzo del nulla dopo mezza giornata completamente bloccati. Abbiamo deviato il fiume, abbiamo spalato quanta più terra e acqua potessimo con bottiglie vuote e pentole, ci siamo sporcati da testa ai piedi ma nulla, le ruote non si muovevano di un centimetro. La mia applicazione che funziona senza gps e Wi-Fi mi dice che il villaggio più vicino dista 20km, a piedi, con la notte imminente non è il massimo, ma Dionisio sostiene che ce n'è uno più vicino e decide di partire. Noi rimaniamo con Cecilia che ci prepara un mate caldo ed assistiamo ad uno dei tramonti più incredibili a cui uno può assistere. Piccolo problema, questo è un deserto, per di più tra i 3500 e i 4000m, quando il sole completa la sua magia a parole faccio fatica a spiegare il cazzo di freddo che ci si è presentato. Allora, con le tecniche imparate da Bear Grylls, figuriamoci, accendiamo un enorme falò visto che siamo a dir poco umidi. Rassegnati a passare la notte in auto dopo 5 ore vediamo finalmente i fari di altre 2 jeep. Una si ferma per cercare di tirare fuori la nostra e l'altra ci porta al villaggio vicino. Dopo una cena improvvisata sveniamo in un letto degno del miglior pastore di lama della zona con sveglia alle 4 per recuperare il terreno perso. Finita qua? Ma figuriamoci. Il mattino ripartiamo, il tempo di goderci l'alba e toh, una ruota ci sorpassa sulla destra, la nostra ruota. Sempre con un freddo incredibile ci guardiamo e decidiamo di salutare Dionisio e la sua jeep, San Cristobal dista 16km, siamo su un sentiero ed è mattina. Noi andiamo a piedi a chiamare qualcuno, subito. Dopo mezz'ora un pick-up fortunatamente ci carica e raggiungiamo la città. Qua riusciamo a telefonare all'agenzia e decidiamo che con quel mezzo non possiamo andare avanti. Essendo l'unico a parlare spagnolo, chi l'avrebbe mai detto mesi fa, litigo un po' con la responsabile ed alla fine otteniamo un nuovo mezzo ed un giorno in più ovviamente a gratis. D'altra parte abbiamo pagato non poco e non ci sembrava sicuro continuare con quella jeep. Verso l'una arrivano sia la nuova auto che Dionisio con quella vecchia e facciamo il cambio. Ora può iniziare il tour. I due giorni seguenti sono un susseguirsi di lagune piene di fenicotteri, vulcani, deserti, rocce dalle forme più improbabili e il tutto sempre percorrendo piste sterrate nel nulla più assoluto. Il posto che sicuramente mi ha incantato di più è la Laguna Colorada, un lago di colore rosso ai piedi di un monte dove stormi di fenicotteri si lasciavano fotografare tranquillamente mentre si cibavano delle alghe che costituivano l'aspetto insolito di quel specchio d'acqua. Ma nulla regge il confronto con quello che i nostri occhi avrebbero visto all'alba dell'ultimo giorno. Il Salar de Uyuni è il deserto di sale più grande al mondo, una distesa bianca che pare estendersi verso l'infinito. Dopo la sveglia ci dirigiamo verso l'oasi di Incahuasi, una piccola collina con cactus centenari e ci troviamo un posto da cui godere in prima fila il nascere del sole. Come sempre ringrazio me stesso per queste opportunità che mi sto concedendo e per una buona mezz'ora preferisco stare in meditazione a contemplare questo spettacolo. La luce è incredibile e crea un'atmosfera mistica che aiuta a riflettere e a ricordarmi del perché ho intrapreso questo percorso, per staccare dalle regole imposte dalla mia vita precedente e rinascere godendomi ogni istante della vita futura. Finita questa magia raggiungiamo un posto un po' isolato per scattare qualche foto classica in prospettiva, ma la ragazza del gruppo non si sente troppo bene ed allora ci limitiamo ad immortalare il bianco e l'infinito senza troppi ghiochi turistici. 
Un'esperienza che non posso non augurare a tutti di fare prima o poi nella vita. Forse, magari, evitando certi imprevisti, però ciò non è detto. Alla fine dei cinque giorni noi quattro eravamo una nuova famiglia e sono sicuro che continueremo a sentirci perché nelle difficoltà ci siamo uniti come se ci conoscessimo da una vita e quando siamo arrivati a Uyuni, per noi, e' stato un po' come conquistare il traguardo.  

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