venerdì 9 settembre 2016
Un'isola magica sul tetto del mondo
Che cos'è Amantani? O meglio, chi è? Eh sì perché fin da quando sbarchi nel suo minuscolo porto capisci che non è un semplice isola, c'è un'energia particolare, quasi fosse un'entità viva e, vi assicuro, lo è. In 3-4 ore la si può girare totalmente a piedi, popolata da circa tremila abitanti divisi in comunità e famiglie. È un luogo dove il contatto con la natura diventa il più diretto possibile, non esistono strade, ma sentieri a volte lastricati a volte polverosi, l'elettricità è garantita solo da pannelli solari ed è limitata solo per il necessario, il riscaldamento è dato dalle pesanti coperte prodotte dai locali e dai focolari delle abitazioni, le notti sono di un buio accecante per quello che sta in cielo e l'acqua viene preservata in piccole cisterne proprie delle famiglie o in una più grande dall'alto del villaggio. Gli indigeni sono parte integrante di questo micro-mondo, conservano le loro tradizioni e credenze, sono calorosi e ospitali, vestono con i capi tipici della loro terra dove un cappello, una sciarpa, una cintura, ma anche solo un colore, ha il suo significato per la comunità. Parlano l'antica lingua Quechua degli Inca e solo i più giovani masticano qualche parola di spagnolo. Coltivano la terra secondo le tecniche dei loro antenati con solo qualche piccolo aiuto moderno. Patate e quinoa sono gli alimenti base e il bestiame come pecore, maiali, galline, vacche e qualche lama serve, solo in parte, per una limitata produzione di latte, formaggi, burro e uova, il più provvede a mantenere quel cerchio fondamentale che la vita rurale richiede. La carne è un lusso. Tra di loro non esiste una moneta se non le foglie di coca e uno scambio reciproco. Oltre a ciò è il turismo che li aiuta nella scuola per i bambini, nelle medicine e nei beni che, ormai anche per loro, sono diventati necessari. Questa è una vita non convenzionale a quello che sono abituato, ma la tranquillità, la pace dell'anima, la libertà e la semplicità che si respira sono emozioni che augurerei a chiunque di provare almeno una volta nella vita.
Appena scendo dalla barca vengo accolto da Sinthia che accompagna me e tre ragazze di Lima nella sua casa. Lì ci attende sua madre che ci sta preparando il pranzo. Una zuppa di quinoa e un piatto con patate bollite di diverse forme e colori, un po di riso e una fetta di formaggio di pecora passato in padella. La mia camera è la singola, spartana e senza luce, la notte dormo vestito con giacca e pantaloni da montagna, cuffia e guanti, chi mi conosce sa che, eppure, non soffro il freddo, ma siamo su un'isola a quasi 4000m. Dopo le dovute presentazioni e i più calorosi sorrisi che potessi ricevere decido che il pomeriggio si va a scoprire l'isola. Delle tre ragazze mi accompagna solo Stella che si dimostra la più interessata a quello che l'isola ha da offrire. Ci informiamo subito sull'ora del tramonto perché successivamente diventerebbe problematico il ritorno. Attraversiamo il villaggio e ci dirigiamo verso i due luoghi sacri dell'isola. Le due colline che sovrastano l'isola. Una dedicata alla Pachamama e l'altra al Pachatata, madre Terra e padre Cielo che come in un rito ancestrale si completano e creano tutto quello che ci circonda. La salita data l'altitudine è lenta, ma la vista è emozionante. Ci sono nuvole nere imponenti che si alternano alla luce del sole che, con i suoi riflessi, sembra infuocare il lago e le terre che si scorgono in lontananza. Sulle due cime ci sono i templi dedicati alle due divinità, circolare quello della Pachamama, quadrato quello del Pachatata. Semplici costruzioni in pietra pre-incaiche, al momento chiuse e utilizzate per una celebrazione che si tiene solo il 15 gennaio dalle comunità dell'isola. Osservando meglio però si notano recenti focolai e un di spazzatura. Non è strano che su Amantani, come su altre isole del Titicaca, sciamani tengano riti per turisti e locali dedicati a questi spiriti. Dopo qualche foto mozzafiato faccio la mia dedica alla Pachamama con la classica torretta di pietre, il mio segno di ringraziamento per quello che sto vedendo. Finito il nostro tour io e Stella torniamo alla casa. Qua conosco la sorella più piccola di Sinthia e la figlia di 5 anni del fratello che scopriamo essere il proprietario della barca che ci ha portato sull'isola. Tutto in famiglia. Dopo un una cena vegetariana rustica ci facciamo reciprocamente delle domande. Noi veniamo a sapere del loro modo di vivere ed ovviamente solo si dimostrano curiose del nostro. Del tipo che io, trent'anni, come mai non sono sposato e non ho ancora figli? Come mai sei partito da solo per tutto questo tempo? Tra il mio spagnolo stentato e il loro misto Quechua mi tiro fuori dalla situazione con semplici risposte e sorrisi. Alle 8 rimane solo il fuoco del forno di argilla ad illuminarci la stanza e si va a dormire. Il freddo si sente eccome. Le nuvole che minacciavano pioggia sono state spazzate via dal vento e allora decido che il letto può aspettare. Congelo con la testa rivolta verso l'alto, ma non me ne frega nulla. È uno spettacolo semplicemente commovente. La Via Lattea sopra di me ad illuminare tutta l'isola. La mente vaga, gli occhi si gonfiano. E poi, sapete che rumore produce il silenzio? Sembra una totale assenza di vita, ma senti un'energia incredibile. La mattina alle 5 sono sveglio, scrivo un po e aspetto l'alba. Finalmente un po di calore a riscaldarmi. Colazione con un mate di coca e una frittella e purtroppo questa magia sta per finire. Ci attende la barca al porto. Salutiamo la famiglia e paghiamo il nostro soggiorno. Il fratello di Sinthia ci aspetta per portarci su Taquile, l'isola gemella di Amantani. Anche qua si può fare l'esperienza appena trascorsa però, onestamente, ho notato molti più turisti, qualche ristorante e un po di finzione. Comunque bella ugualmente. Pranziamo su una terrazza godendo di un gran sole e verso l'una ripartiamo. Ripenso a queste ultime 24 ore. Infondo sono i semplici momenti che danno un senso a tutto. Sulla barca, oltre a noi quattro ci sono 3 stranieri come me e una decina di indigeni, mi metto sul retro per godere dei raggi di luce riflessi sul Titicaca. Davanti a me c'è una bambina con i suoi abiti tipici coloratissimi, la pelle leggermente scura e i tratti classici della gente delle Ande. Come me fissa l'orizzonte. L'acqua, il sole il cielo terso con giusto qualche nuvola a dipingere una tela perfetta. E appunto l'orizzonte, una linea di terra ad unire quella del lago e quella dei profili innevati delle montagne dietro. Tutto ciò è quello che serve per sognare. Non so a cosa stia pensando la bambina, ma sono convinto che la sua mente, come la mia, sta vagando per mondi sconosciuti e bellissimi. Prego solo che i suoi occhi non vengano contaminati da quello che, inevitabilmente, noi, stranieri in una terra pura, emaniamo. Perché quando hai quei pochi, ma essenziali elementi davanti a te, non ti serve veramente altro. Ti scongiuro, continua a sognare.
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